Il fiume rubato

In collaborazione con l’Associazione Pro natura Cuneo è stato proposto al pubblico il racconto-spettacolo “Il fiume rubato” ideato dell’associazione Narramondo in collaborazione con il Comune di Cortemilia per raccontare l’incredibile e travagliata storia della Val Bormida. L’iniziativa, che ha visto un notevole afflusso di persone, ha voluto essere un’occasione di educazione ambientale e di sensibilizzazione sulle tematiche storico-ambientali del territorio cuneese.

Lo spettacolo. L’incredibile e travagliata storia della Val Bormida e dell’ACNA di Cengio: la nascita della fabbrica, le lotte degli abitanti della Valle contro l’inquinamento, il rapporto con il versante ligure, la sua inevitabile unione con la storia dell’industria chimica nazionale, la sua chiusura. Tra ricordi d’infanzia e situazioni in bilico tra il drammatico e il grottesco, si snocciola una storia epica e struggente di battaglie, di mobilitazioni, di conflitti tra il mondo contadino e il mondo dell’industria, di interessi e convenienze politiche, di zone frazionate in maniera illogica, di collusione tra poteri più o meno occulti. Per capire e riscoprire la capacità di indignarsi.

L’autore dice: “Quella dell’ACNA e della Val Bormida è una storia di inquinamento selvaggio, di umanità e natura calpestate, ma anche una meravigliosa testimonianza di mobilitazione civile (e in seguito istituzionale) per la Rinascita di un intero territorio secondo un’idea di sviluppo alternativo, da costruire sulla valorizzazione della cultura, delle risorse e delle tradizioni locali. L’opera offre una visione esaustiva ed oggettiva su una vicenda importante nella storia recente del nostro paese (e nell’evoluzione socio-economica del Piemonte e della Liguria in particolare) e al tempo stesso si propone come commemorazione dei personaggi – e soprattutto delle persone – che ne sono stati protagonisti nell’arco di oltre un secolo.”

La Storia. L’Acna nasce nel 1882 come dinamitificio a Cengio, in provincia di Savona, a pochi metri dal confine con il Piemonte. Sulla localizzazione dell’industria – politicamente strategica – influiscono la disponibilità di acqua (il fiume Bormida) e di manodopera a basso costo, l’accessibilità dal porto di Savona attraverso una via di comunicazione presidiata da fortificazioni e la difficile praticabilità del versante piemontese. In breve l’Acna diviene la principale industria della zona, arrivando ad occupare fino a 6.000 persone e generando una profonda frattura tra mondo rurale e nuova realtà industriale. L’inquinamento delle acque si estende lungo la valle fin oltre Alessandria, a più di 100 Km di distanza dalla fabbrica. Nel 1929 l’azienda si converte alla produzione di coloranti, mentre gli abitanti della valle cominciano a sollevare accese proteste, denunciando l’impossibilità di utilizzare l’acqua dei pozzi. Il vino è imbevibile e la verdura sa di fenolo, così i campi e le vigne tornano gèrbido e i contadini sono costretti ad abbandonare le campagne. Gli anni ’50 vedono nelle province di Cuneo e Alessandria una massiccia mobilitazione popolare contro la fabbrica, che non sortirà però alcun effetto, soprattutto a causa di conflitti di responsabilità e competenza a livello istituzionale. Nel 1970 una Commissione ministeriale dichiara che il fiume Bormida è ormai “biologicamente morto”. Nel 1987 la valle viene dichiarata “area ad elevato rischio ambientale”, mentre una ricerca dimostra come nella zona i casi di cancro, soprattutto alla vescica, colpiscano la popolazione con una percentuale molto maggiore rispetto alla media nazionale. Gli operai si trovano costretti a scegliere tra diritto al lavoro e diritto alla salute. In quegli anni, sorgono in tutto il Piemonte comitati di protesta, tra cui l’Associazione per la Rinascita della Valle Bormida, che organizzano manifestazioni e propongono progetti di sviluppo alternativo: grazie a questa massiccia e a tratti epica mobilitazione popolare, sostenuta dalle Istituzioni locali e da svariate organizzazioni ambientaliste, viene accantonata l’ipotesi di realizzare un inceneritore di rifiuti all’interno dello stabilimento e nel 1999 l’Acna viene finalmente chiusa. Attualmente è in corso la bonifica dei terreni sottostanti il sito, nei quali è stata evidenziata la presenza di sostanze altamente cancerogene, come diossina e fenoli.